Ep. 6 – Viva la Trap, che schifo la Trap

Un Paese che si scandalizza per il testo di Rolls Royce di Achille Lauro è un Paese che si merita la scena musicale e il giornalismo culturale che ha: piccoli così. Il joker stralunato, ex pusher, che ha scandalizzato i moralisti a Sanremo (sull’onda di ridicoli servizi tv di Striscia La Notizia) è servito a dare qualche scossone a un Festival pieno di roba, ma mediocre, e a ricordarci quanto siamo indietro rispetto ai flussi di gusto e di trend che sono partiti anni fa altrove. Come sempre avviene. Prima l’estero, quindi l’Italia.

Lauro canta la tossicità attraente e maledetta del successo e della celebrità. Roba vecchia, come Marilyn, come Gascoigne, come Jim Morrison. Ci si vende e danna per diventare celebrità, poi si vive peggio, ma ricchi, infelici ma adorati, e si sogna di morire in una Rolls. Un brano non trap, cantato da un trapper con una produzione, pose sul palco e relativo videoclip che hanno in mente la My Way cantata da un altro mediocre di successo, morto in fretta: Sid Vicious dei Sex Pistols.

C’è qualcosa di nuovo nella trap, il genere musicale (con relativo look e atteggiamento) che ha conquistato in fretta gusto, cuore e attenzione del pubblico giovane? No. La trap (da trap house, le case dove si vende la droga negli Usa) è nata quasi 20 anni fa e spadroneggia fra classifiche, streaming e video musicali da più di 10. Achille Lauro, Sfera Ebbasta, Gué Pequeno, Dark Polo Gang, Tedua, Ghali e simili sono le versioni italiane di T.I., Joung Yeezy, Gucci Mane, Lil Uzi Vert e soci. Gente che ha cominciato a spaccare la scena hip hop e pop molti anni fa, conquistando anche artisti mainstream come Lady Gaga, Katy Perry, Beyoncé che a quei suoni si sono ispirati e che hanno duettato con quegli artisti.

Ed eccoci a noi, Italia, 2019. La trap sbarca a Sanremo dove Ultimo si arrabbia perché il televoto, “laggente” aveva votato lui e il pubblico tradizionalista e avanti negli anni si infuria perché non l’ha spuntata Il Volo. Cioè il pop finto lirico, nostro unico prodotto da esportazione mondiale quando si parla di musica, oltre alla Pausini. Tutti gli altri, a parziale eccezione di Zucchero e Ramazzotti, sono artisti “local”. Star nello Stivale, poco e niente fuori. Perché quelli coi pasticci in faccia, che cantano di droghe, tipe da farsi alla svelta, marchi da esibire, tamarragine di cui essere orgogliosi a tutto look e videoclip, hanno conquistato i più giovani? Perché parlano il linguaggio diretto e superficiale di chi vuole prendersi tutto in fretta, insofferente al sistema, e sa che durerà poco. Una cosa molto adolescenziale, come posa. Dentro c’è anche molta rabbia. E qui ci vorrebbe una lettura più profonda di cosa siamo capaci di capire dei nostri figli e nipoti, di quanto siamo vicini o lontani a loro, in un mondo che non è già più quello in cui siamo cresciuti noi e che forse non è nemmeno il loro.

Lauro e compagnia passeranno, come tutte le mode, o si trasformeranno, come tutti quelli che vogliono durare. Non c’è niente di geniale, molta furbizia, e un sound povero di trovate che gode nella sua ripetitività. Per un po’ funziona. Fino alla prossima onda. Viva la Trap. Che schifo la Trap.

SPOILER – Poi ci sono quelli unici, davvero geniali, ma durati pochissimo. Come il passaggio di una cometa luminosa. Ma che segno ha lasciato. Ne parleremo la prossima volta. La storia di Jeff.

Cristiano Sanna Martini [“Musicista (Elora, Tancaruja, Signor Palomar e varie collaborazioni). E giornalista: in passato ha scritto per L’Unione Sarda, Il Sole 24 Ore, Cineforum, Rockstar, Duel, Lettera 43. Un po’ di tv e molta radio. Ma ora è Web e social, bellezza. E dunque: Tiscali News. Su Twitter diventa @Crikkosan”]