Ep. 5 – Ridateci il vero Freddie Mercury
“Io non do confidenza. Nessuno sa esattamente chi sia Freddie, e credo che non lo sapranno mai”. Lo diceva Freddie Mercury ridacchiando sotto i baffi in una intervista nell’ultimo periodo dei Queen. Un artista estroso, teatrale, travolgente dal vivo, che nel privato, nonostante le feste esagerate e molto aperte quanto a gusti sessuali, non si rivelava a nessuno. Ora che Freddie Mercury è protagonista del secondo biopic più visto di sempre (ma sta per raggiungere quello su Johnny Cash), ora che Bohemian Rhapsody è tra i film dell’anno e corre a vele spiegate verso gli Oscar, tanto successo serve per riflettere su due aspetti importanti.
Primo. Ci muoviamo in un mondo che non ha memoria, che non approfondisce cose, storie, persone, episodi. Un mondo che consuma tutto a duecento all’ora, trovandosi digiuno un secondo dopo l’abbuffata di suoni, video, gadget, dispositivi, mode, tecnologia. Bohemian Rhapsody tratta la vita e la carriera di Freddie Mercury in modalità iPod. Colorato, emozionante, efficace. Superficiale. Compresso. Sorvola su gran parte della carriera dei primi Queen, musicalmente la migliore, per restituire al grande pubblico i Queen degli anni Ottanta. Non certo i migliori, certo i più popolari. Tra i tanti errori di cui è costellato questo film biografico di successo: la celebre Another One Bites The Dust uscì dopo il rock anthem We Will Rock You. E Freddie non mise al corrente i Queen che aveva l’Aids qualche giorno prima del Live Aid. Ma anni dopo. Un film che rincorre emozioni e segue l’estetica dei videoclip, non certo la correttezza storica.
Secondo. Un certo tipo di divismo inarrivabile, quello delle grandi rockstar e popstar del passato, non esiste più. Quelle che un tempo erano divinità “pagane” dalla vita sfavillante, misteriosa, con lussi da extraterrestri, sono morte con gli anni Ottanta. Ora tutto è svelato, i social danno l’illusione che si possa essere grandi con poco e che i grandi in fondo siano come noi. Ma è la grandezza misteriosa di Mercury che spinge folle nei cinema, non le sue foto rifatte con i filtri di Pinterest e Instagram. Qualcosa di speciale è arrivato e se n’è andato, per capirlo davvero bisogna studiare a fondo la storia di Freddie e dei Queen, della musica che hanno frequentato e reinventato, del loro strano mix di generi. Della capacità di gestire un progetto musicale, che parte sempre dal proprio talento, andando oltre momenti di difficoltà e smettendo di piacersi troppo per conservare umiltà e testardaggine.
Per terminare: chi canta e sta davanti al pubblico, con la band alle spalle, si è chiesto come riuscisse Mercury a domare sia i quattro spettatori perplessi dei primi concertini dei Queen sia le folle oceaniche di Rio e Wembley? Tradotto significa: il mio modo di stare sul palco fa capire a chi mi sta di fronte che la musica è tutto per me? O sto bluffando? Cantare con tecnica ed estensione è una parte del mestiere, trasmettere la mia “verità ” di musicista comprende tutta una serie di altre cose che spesso si sottovalutano. La storia di Freddie Mercury e dei Queen le contiene tutte. Riprendiamoci il vero Freddie dunque, non quello “santificato” da un film di successo ma un po’ pasticciato. Studiamo la sua grandezza, ci aiuterà a trovare la nostra dimensione.
SPOILER – Oggi l’eccesso di successo si chiama trap music. Perché quelli con i pasticci in faccia hanno conquistato radio, video, social e classifiche? Ne parleremo la prossima volta.
Cristiano Sanna Martini [“Musicista (Elora, Tancaruja, Signor Palomar e varie collaborazioni). E giornalista: in passato ha scritto per L’Unione Sarda, Il Sole 24 Ore, Cineforum, Rockstar, Duel, Lettera 43. Un po’ di tv e molta radio. Ma ora è Web e social, bellezza. E dunque: Tiscali News. Su Twitter diventa @Crikkosan”]